domenica 29 maggio 2011

addio

al cielo che si aggruma
ciglio con ciglio macellano
halalmente il pomeriggio
le insegne di un locale vuoto
nell'intermittente imbarazzo
di un addio in ritardo in difetto
fuori tempo massimo sempre
dilaniate le muse su
manifesti stracciati gli
intonaci senza più unghie
- perché era un addio,
lo sappiamo entrambi - impiccati
ad un telefono che è
la misura del nostro
essere precari perché
chi ora lavora crepa uguale

5 commenti:

carlocuppini@gmail.com ha detto...

mi piace molto questa poesia! mi vibra così familiare, questo linguaggio-pugilatore, che vado subito a leggerne altre, cercando ombre di me stesso tra i colpi assestati, o almeno tracce del mio naso rotto, o il fantasma delle cose e del mondo

tojo ha detto...

ne sono profondamente lusingato..non è per piaggeria..spero che nelle altre cosupole tu possa ritrovare una simile vibrazione o una qualche scheggia o martello o ortica, quanti ne serba per me la militanza del fiore (e sogno di mameli è un continuo stupore..)

Giò ha detto...

Io ormai non ti commento neanche più, ribadirei un concetto che espongo da anni :)

tojo ha detto...

ma tu sei di parte :)

Giò ha detto...

Infatti :P